Diritto di cittadinanza: ricchezza per il nostro futuro o minaccia per il nostro presente?

Se ne è parlato abbondantemente nelle scorse settimane e, forse con troppa fretta, è calato un velo di silenzio su quella che è stata definita da tutti come la legge sullo ius soli; la discussione sulla legge elettorale e l’ormai lanciata campagna elettorale per le politiche del 2018 hanno fatto passare in secondo piano questo tema, che pure – siamo convinti – avrà un’importanza fondamentale nel prossimo dibattito politico. Anche il Papa si è espresso in merito, dichiarando che «Nel rispetto del diritto universale a una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita». (Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018)

La legge sulla cittadinanza introdotta nel 1992 e, al momento vigente in Italia, prevede un’unica modalità di acquisizione della cittadinanza, chiamata ius sanguinis (diritto di sangue). In virtù di detta norma, un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano; mentre un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

Il disegno di legge approvato alla Camera ormai alla fine del 2015 e genericamente detto “Ius sol”, introduce due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza prima dei 18 anni: si chiamano ius soli temperato (diritto legato al territorio) e ius culturae (diritto legato all’istruzione).

Lo ius soli temperato prevede che i bambini nati da cittadini stranieri su suolo italiano diventino automaticamente cittadini italiani se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da un periodo non inferiore ai 5 anni. Se tale genitore non proviene dall’Unione Europea, deve possedere altre tre caratteristiche:

  • avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
  • disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
  • superare un test di conoscenza della lingua italiana.

Lo ius culturae prevede invece che la cittadinanza italiana possa essere richiesta anche per bambini con genitori stranieri, nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie). Per chi arriva tra i 12 e i 18 anni, oltre a un ciclo scolastico, è richiesta la residenza di almeno 6 anni.

Secondo il testo unificato, la modifica della legge riguarderà solo i minori, mentre non cambiano i tempi per la naturalizzazione (cioè per gli stranieri che arrivano in Italia da adulti e che secondo la legge attuale devono attendere dieci anni prima di poter richiedere la cittadinanza italiana).

La necessità di approvare questa legge è legata al fatto che ci troviamo dinanzi ad un paradosso: abbiamo bambini ed adolescenti che parlano italiano (spesso “solo” italiano), che sono cresciuti nelle nostre scuole, che hanno la nostra cultura nel senso più pieno del termine; abbiamo dato loro l’illusione di essere parte integrante del nostro Paese, ma poi, giuridicamente, essi non sono italiani. Siamo di fronte ad una situazione piuttosto particolare e triste perché si gioca tutta sulle spalle di quei ragazzi che rappresentano di fatto il nostro futuro.

Dinanzi a tale situazione, sia pur appena tratteggiata, come Azione Cattolica Diocesana auspichiamo fortemente l’approvazione di una legge che ratifichi una realtà, di fatto già presente nella quotidianità delle nostre città. Una legge da considerare, oltre che un diritto per molti, un atto di “buon senso” per tutti.

Come ha affermato il Presidente dell’Ac, Matteo Truffelli, in una lettera ad Avvenire lo scorso 19 settembre 2017, «diventa facile confondere le acque, mischiando notizie di cronaca nera e numeri sugli sbarchi, appelli all’identità nazionale e accuse di buonismo perbenista, eruditi discorsi sul concetto di cittadinanza e primordiali affermazioni sul diritto all’egoismo, mentre sarebbe sufficiente guardare la realtà che abbiamo attorno, cercando di leggerla con semplicità, profondità e sincerità».

Lo stesso Papa Francesco nel messaggio per la LI Giornata Mondiale della Pace del prossimo 1° Gennaio sul tema “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace” ha ricordato come “in molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti… Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.”

Purtroppo dobbiamo constatare che molte forze politiche, che ci saremmo aspettati schierate senza divisioni a favore dell’approvazione di questa legge, stanno ragionando in termini di “inopportuna calendarizzazione” della discussione parlamentare, temendo perdite di consensi e paventando il pericolo della perdita della nostra identità nazionale.

Riteniamo che l’identità nazionale vada costruita e si debba reggere su temi molto più forti e di spessore, quali il ripristino della legalità, una reale equità fiscale, un rinnovato rapporto di fiducia dei cittadini verso la politica e le Istituzioni attraverso un equilibrio virtuoso tra riconoscimento di diritti ed esercizio di doveri.

Occorre pertanto prendere una posizione chiara e fare ciò che andava fatto sin dall’inizio dell’iter di approvazione di questa legge: spiegare a tutti e nella maniera più semplice, chiara ed esaustiva possibile, i termini di questa legge e le motivazioni che vi sono alla sua base. La disinformazione genera spesso paura, che può essere anche lecita, ma va razionalmente affrontata e risolta, se non vogliamo si trasformi poi in vero e proprio odio verso chi, all’apparenza, sembra tanto diverso da noi.

È proprio partendo da questa convinzione, che come Azione Cattolica auspichiamo che tutte le forze politiche italiane riportino questo argomento tra le priorità dei lavori parlamentari, avendo il coraggio di approvare detta normativa prima delle politiche del 2018, al fine di evitare che possa diventare anch’essa oggetto di campagna elettorale.

Nel contempo ci spenderemo nei nostri ambienti e tra i nostri ragazzi, giovani ed adulti perché tutti possano conoscere bene questo argomento al fine di poter fondare ogni personale idea non su generiche conoscenze ma sul merito, sulla conoscenza che si fa verità.

La Presidenza diocesana di Ac

Ufficio socio-politico




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