Una legge che fa Acqua

Lo scorso 20 aprile, con 243 voti favorevoli (Partito Democratico e Destra) , 129 contrari (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) e 2 astenuti (facendosi due conti – i deputati eletti sono 630 in totale – si intuisce facilmente il tasso di assenteismo in una seduta cos’ importante), la Camera dei Deputati ha approvato il ddl sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
Il testo della proposta di legge, modificato in commissione Ambiente, stabilisce che il servizio idrico integrato viene considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche. Il problema sta proprio in quel “anche”: in seguito ad un emendamento approvato dall’aula, infatti, è caduta la formula ‘in via prioritaria’.
Subito dopo l’approvazione, dalle tribune alcuni esponenti del Forum italiano dei movimenti per l’acqua presenti in Aula agitavano bandiere a favore del rispetto dell’esito dei referendum del 2011 mentre padre Alex Zanotelli ha parlato di “insulto alla democrazia”. I rappresentanti del popolo italiano hanno di fatto rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso nel Referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si deve poter fare profitto su un bene primario e pubblico. Si è perfino arrivati a snaturare la Legge d’Iniziativa Popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in Parlamento.
Ora quanto meno il popolo italiano sa quali siano i partiti che vogliono privatizzare l’acqua. “L’obiettivo del governo Renzi, afferma Riccardo Petrella ex presidente dell’AQP, è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa, e attive in reti di partenariato pubblico-privato.”
Sembra delinearsi un quadro chiaro che vede il governo impegnato a far procedere a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni reintroducendo in tariffa “l’adeguatezza della rimunerazione del capitale investito.” (la dicitura che il Referendum aveva abrogato!).
Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché ignora l’esito del referendum e quindi nega il fondamento della democrazia cioè la sovranità popolare, ma soprattutto perché privatizzarne la gestione è un attentato alla vita, se è vero quanto dice Papa Francesco che “l’acqua è un diritto alla Vita”.
L’Azione Cattolica, quindi, fa proprie le parole del duro comunicato emesso dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua: “PD e la maggioranza hanno stravolto il testo a partire dall’articolo 6 che disciplinava i processi di ripubblicizzazione. Oggi è caduta anche l’ultima foglia di fico dietro la quale il PD aveva provato a nascondersi. Un disconoscimento palese e spudorato che ribaltato il senso di quella legge sottoscritta da 400mila cittadini e aggiornata alla luce dei risultati del referendum popolare del 2011. La cancellazione della volontà popolare di 27 milioni di italiani che si espressero in favore dell’acqua pubblica ai referendum arriva a pochi giorni dalla tornata referendaria del 17 aprile, sulla quale la maggioranza di Governo ha fatto campagna per l’astensionismo, il disconoscimento di un percorso di partecipazione come quello sulla gestione pubblica del servizio idrico rappresenta un preoccupante segnale per la democrazia nel nostro paese” e ribadisce il proprio impegno a continuare la battaglia contro questa legge anche nel passaggio al Senato.




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