«“Lodate Dio” è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso.”», termina così la nuova esortazione apostolica di Papa Francesco, pubblicata dopo otto anni dalla Laudato si’, non aggiungendo nuovi temi bensì volendone ribadire la costante preoccupazione e le urgenze conseguenti la crisi climatica.
Infatti, l’attenzione del Papa è rivolta inizialmente all’innegabilità dei segni del cambiamento climatico e delle cause che lo determinano, passando in rassegna “le espressioni tangibili di una malattia che colpisce tutti noi”, la cui origine è antropica. Non si sottrae a precisare che, purtroppo, la crisi climatica non è propriamente una questione che interessi alle grandi potenze mondiali e la cui lettura è contestata anche da una parte dell’opinione pubblica e all’interno della stessa Chiesa Cattolica, nella quale non mancano “opinioni sprezzanti e irragionevoli” a riguardo.
Al contrario, la posizione espressa nell’enciclica è netta, del tutto improntata ad assicurare un futuro al pianeta e all’essere umano; quest’ultimo però ha il compito di comprendere che “non è un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente”, ma che la responsabilità di tale catastrofe è radicata dell’uomo stesso che, perciò, deve ripensare le logiche di potere in suo possesso.
È, a tal proposito, che viene ripreso, come già avvenuto nella Laudato si, il “paradigma tecnocratico”, definito come la base dell’attuale degrado ambientale, poiché promotore di un’idea di sfruttamento delle risorse e di crescita infinita o illimitata che in molti casi ferisce non solo il pianeta ma anche le popolazioni.
Evidenti in tutta l’enciclica sono le accuse che il Papa fa nei confronti della politica, come evidenzia il titolo del terzo capitolo “la debolezza della politica internazionale”, non risparmiando critiche a quanti operano nel settore economico ai livelli più alti, sostenendo che la ricerca del «massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibili» rende impossibile «qualsiasi preoccupazione per la casa comune e qualsiasi attenzione per la promozione degli scartati della società». Occorre quindi favorire un multilateralismo tra gli Stati che non dipenda dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile, e lo sviluppo di una capacità ampia di visione da parte delle autorità.
Per giungere a «soluzioni più efficaci» servono le «grandi decisioni della politica nazionale e internazionale». L’attenzione del quinto capitolo è tutta dedicata alla COP28, ospitata dagli Emirati Arabi Uniti a Dubai lo scorso dicembre, come occasione di decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente. Ma non è solo un rimedio puramente tecnico a “risolvere” il problema ambientale quanto un impegno e un coinvolgimento sociale a favore del bene comune e al futuro dei figli, espressioni di due convinzioni fondamentali, più volte ribadite, quali “tutto è collegato” e “nessuno si salva da solo”.
Interessante vedere come le provocazioni contenute nel Suo appello durante la COP28 fossero già state ampiamente trattate in Laudate Deum, sintomo di come Papa Francesco sia un attento osservatore delle sfide reali che attraversano il pianeta.
L’ultimo capitolo è dedicato alle motivazioni spirituali che muovono i credenti nell’impegno per l’ambiente. Scrive il Papa che «la fede autentica non solo dà forza al cuore umano ma trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri». Ai credenti viene chiesto quindi di contribuire a realizzare una cultura nuova basata su un percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita, invitandoci ad impreziosirlo con il contributo di ciascuno, cogliendone la sua varietà da contemplare: “il mondo canta un Amore infinito, come non averne cura?”.
Rosa Maria Sorice