ACCIPICCHIA CHE GIOVANI

Certo che fa effetto accedere ai social network negli ultimi giorni! Sembra quasi che ci si trovi davanti a dei “bollettini di guerra”. Su che fronte si combatte? Quello che vede schierati giovani e giovanissimi contro il resto del mondo. È proprio di queste ore la notizia di tre giovanissimi di 16 anni, della nostra diocesi, finiti in coma etilico per “spassarsela” durante un sabato sera. Ora tutti ci interroghiamo sul perché questi ragazzi abbiano bevuto fino allo sfinimento, quali problemi avessero… eppure, forse, le domande che dovremmo porci sono altre.

Senza fare troppi giri di parole sull’uso responsabile dell’alcool (che per quanto responsabile, sempre alcool rimane!), c’è da domandarsi: come è possibile che tre sedicenni fossero ancora in giro alle 5:00 di una domenica mattina dopo aver passato tutta la notte fuori? Possibile che nessuno abbia chiesto loro “cosa cercate”? “A chi appartenete”? In poche parole: dov’erano i genitori di questi ragazzi? E’ proprio così bello ritirarsi sul far dell’alba completamente sballati, noncuranti di quanta preoccupazione possano provare i genitori?

La lista dei “bollettini” potrebbe andare avanti all’infinito se ci aggiungiamo anche tutte quelle notizie provenienti dal fronte scolastico. Sono troppi i professori aggrediti verbalmente o picchiati da studenti e da genitori. Qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa. Dicono che fare il professore sia uno dei mestieri più belli al mondo per le relazioni che si instaurano tra alunni e docenti, perché non significa solo trasmettere contenuti, ma in qualche modo insegnare a vivere. Tuttavia di questo passo la categoria di questo mestiere cambierà, passando tra quelli più pericolosi al mondo, al pari di un artificiere militare o di un kamikaze (sì, perché sarà da pazzi sopravvivere in un ambiente del genere). Ma non vogliamo essere catastrofisti! Basta recuperare quel rapporto tra famiglia e scuola che sembra ormai sgretolarsi giorno dopo giorno, sia perché le famiglie sono sempre più prese da lavoro, problemi e “seconde adolescenze” nate grazie agli smartphones, sia perché le scuole devono far fronte alla precarietà dei propri docenti e al completare programmi ministeriali assurdi. E chi ne fa le spese sono sempre i giovanissimi.

È inutile negare che siamo davanti ad una vera e propria EMERGENZA EDUCATIVA. Cosa che non va assolutamente sottovalutata. Vi siete mai chiesti da dove derivi la parola “educare”? Dal latino “educĕre” ovvero “tirar fuori”. E chi sta aiutando questi giovanissimi e giovani a tirar fuori il meglio di sé?

È quasi imbarazzante trovarsi ad avere a che fare quasi quotidianamente con notizie del genere, proprio quest’anno che Papa Francesco ha indetto il Sinodo dei Giovani che si terrà il prossimo ottobre. Cosa sta facendo la Chiesa di concreto per aiutare questi giovani? Li sta cercando in qualche modo? La prima impressione è che il giovane sia diventato quasi una cavia da laboratorio, messo in un ambiente asettico, senza contaminazioni di ogni sorta, al quale porre questionari su questionari. Ma siamo sicuri che sia il modo giusto di intervenire per capire le loro vere esigenze?

Siamo convinti, come Settore Giovani di Azione Cattolica e MSAC, che qualcosa di buono in questa direzione si stia già facendo: nelle scuole della nostra diocesi alcuni sacerdoti giovani prestano il loro tempo e le loro energie per ascoltare ragazzi e giovanissimi che desiderano confrontarsi con figure adulte.

Ma si può fare di più: creare quei legami di collaborazione tra famiglie, scuola, parrocchie e associazioni nell’offrire ai nostri ragazzi non solo spazi per avere ciò che si vuole, ma soprattutto domande per scoprire ciò che veramente si desidera.    

Il nostro è un appello agli adulti, anche quelli presenti nelle nostre parrocchie ed ai quali sta a cuore il futuro della società, perché possano interessarsi ai giovani non considerandoli solo un problema da risolvere, ma quali portatori di un mondo nuovo.

Ed è un appello anche ai giovani e giovanissimi delle nostre realtà parrocchiali, un appello alla corresponsabilità, perché possano rendersi conto che essi stessi possono essere buoni esempi, testimoni di stili di vita equilibrati e responsabili e non per questo noiosi o troppo seri.

Ognuno di noi deve fare la sua!

Perché se è vero che i giovani di oggi saranno gli adulti di domani, è altrettanto vero che se li lasciamo abbandonati a loro stessi, che tipo di adulti potremmo aspettarci?

I vice giovani e l’assistente diocesano

Katia, Martino e don Luigi

I segretari MSAC

Alessandra e Antonio




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