Testimonianze di alcuni aderenti sugli esercizi spirituali

Di seguito riportiamo due testimonianze di due dei nostri aderenti adulti che hanno preso parte agli esercizi spirituali del settore adulti che si sono tenuti sabato 14 e domenica 15 presso il Seminario minore diocesano.

Ecco la prima testimonianza di Anna Lisa Stallone della parrocchia San Domenico di Giovinazzo

In un mondo frenetico l’unica via d’uscita è Lui. Questo è quello che è successo a me e a nove dei miei amici del gruppo adulti AC della parrocchia S. Domenico di Giovinazzo che ha partecipato agli Esercizi Spirituali presso il Seminario Vescovile lo scorso 14 e 15 gennaio.
Prima esperienza per il nostro gruppo; un’esperienza vissuta bene, vissuta insieme, sicuramente un momento di grazia preziosa e rara.
Non capita spesso di riuscire a ritagliare del tempo da dedicare al raccoglimento e alla preghiera davanti al Signore durante le nostre giornate piene e asfissianti invece, tutto ciò è accaduto durante il ritiro dove lì, di fronte a Lui, insieme e ognuno col proprio silenzio ha lasciato che Lui parlasse al nostro cuore. Questa è l’immagine che ci portiamo dietro.
Il clima che si è respirato, sin da subito, a detta di tutti i partecipanti, è stato di grande familiarità e di profonda spiritualità.
La Parola di Dio offerta in maniera semplice e profonda da don Michele, il nostro assistente diocesano,  attraverso la lettura della Parabola del tesoro e della perla nella prima giornata e quella della zizzania il giorno successivo,  ci ha permesso di incontrare Gesù Cristo o meglio, lasciarci incontrare e interpellare da Lui riscoprendo, attraverso la prima parabola, che la vita è come una caccia al tesoro i cui indizi sono numerosi e accessibili ma che bisogna saperli “vedere”. Con la seconda parabola invece, che a me ha colpito particolarmente,  abbiamo riscoperto la smisurata pazienza di Dio verso l’uomo. Pazienza che non deve esser confusa con “indifferenza”.
A questo proposito mi piacerebbe parlare attraverso uno stralcio tratto dall’omelia di Papa Francesco su questa parabola dove si evidenzia la   contrapposizione tra l’impazienza dei servi e la paziente attesa del proprietario del campo, che naturalmente rappresenta Dio. «Noi a volte abbiamo una gran fretta di giudicare, classificare, mettere di qua i buoni, di là i cattivi», ammonisce il Pontefice, il Signore, invece, sa aspettare. «Egli guarda nel “campo” della vita di ogni persona con pazienza e misericordia; vede molto meglio di noi la sporcizia e il male, ma vede anche i germi del bene e attende con fiducia che maturino». E poi, come accade spesso, Bergoglio dice che «è bello» che Dio ci aspetti, ci perdoni.
In conclusione, ringraziando Angelo e Grazia e tutta la presidenza diocesana e don Michele che, con l’organizzazione di questo ritiro ci hanno offerto l’occasione di approfondire le nostre relazioni e la bellezza dello stare e pregare insieme, auspichiamo che questa positiva esperienza possa ripetersi in futuro, con la speranza di una maggior adesione perché, camminare e crescere insieme è possibile, è bello!

Anna Lisa Stallone

Ecco l’esperienza di Carlo de Palma

Le parole che continuano a seguirmi dalla fine degli esercizi spirituali sono due:
la perla e la pazienza.

Come una perla noi nasciamo come un conflitto.
In fondo la perla nasce da una piccola impurità che si insinua all’interno di un’ostrica e che quest’ultima non riesce ad eliminare. Così, lentamente ma inesorabilmente, l’ostrica riveste questo elemento intruso di una sostanza mucosa che con tempo si indurisce assumendo una densità appunto madreperlacea, fino a quando non viene raccolta dalle mani di un pescatore per diventare un gioiello prezioso. Ogni perla ha la sua storia e sono tutte diverse, non ve ne sono due uguali.
Anche noi nasciamo come degli intrusi. si è vero, generalmente siamo stati desiderati eppure quando veniamo mondo entriamo a gamba tesa in un contesto relazionale preesistente modificandolo radicalmente. Ci introduciamo in una relazione di coppia, tra fratelli o sorelle e, lentamente, l’amore di chi ci accoglie (anche se non sempre è così) ci riveste col passare del tempo fino a farci persone mature, in grado di camminare sulle nostre gambe per testimoniare la nostra storia di perle uniche.

L’altra parola è la pazienza. Come podista posso dire di conoscerla molto bene. Senza di lei non avrei mai superato le mie fatiche stradali anche se quella esistenziale si muove su un piano diverso. Ecco possiamo considerare quest’ultima un atteggiamento o strumento da utilizzare ma non possiamo negare che la pazienza, per essere posta in essere, è necessario che attinga ad una risorsa di energie che non è infinita. In fatti quando esauriamo questa energia diciamo che abbiamo esaurito anche la pazienza. Ecco in quei momenti il rischio che si corre (o che corro io) è che utilizzi la pazienza come una maschera da indossare, sopprimendo quella parte di me che invece la pazienza l’ha persa. A volte ammiro coloro che perdono la pazienza, sono persone oneste con sé stesse e con gli altri, sono persone che al “politicamente corretto” preferiscono manifestare il loro essere irrequieto, senza timore del giudizio degli altri, un giudizio che spesso ci condiziona in maniera pesante e non ci fa essere autentici. La pazienza è una virtù ammirevole ma anche chi la perde merita la sua attenzione, forse anche più degli altri.

Carlo de Palma




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