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Trivelle in mare, la voce dei vescovi

Tratto dal sito nazionale dell’Azione Cattolica

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di Antonio Martino – Non c’è dubbio che la salvaguardia dell’ambiente stia a cuore ai vescovi italiani. Anche in occasione del recente Consiglio episcopale permanente i presuli hanno discusso «sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle, ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza delle concessioni». Chiosando nel comunicato finale sulla «importanza che essa (la tematica delle trivelle, ndr) sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco».

Dunque, «non c’è un sì o un no da parte dei vescovi al referendum», ha poi spiegato in conferenza stampa mons. Nunzio Galantino, sottolineando però che «il tema è interessante e che occorre porvi molta attenzione». «Gli slogan non funzionano», ha spiegato il segretario della Cei. «Bisogna piuttosto coinvolgere la gente a interessarsi alla questione». «Il punto, quindi», ha aggiunto, «non è dichiararsi pro o contro alle trivelle, ma l’invito a creare spazi di incontro, di confronto».

«Il problema va affrontato alla luce non solo di quello che dice il Papa ma anche di quello che è stato lungamente discusso dalla Chiesa. Quindi parlarne, non fermarsi al sì o al no, perché manca un sufficiente coinvolgimento delle persone». «E non si tratta», ha concluso, «del solo problema delle trivelle, domani ci sarà quello del nucleare, poi altri ancora. Manca piuttosto l’approccio culturale, il ragionare sulle cose».

Tra i vescovi c’è però chi la sua scelta di campo l’ha già fatta, specie se si scende verso Sud. Tra questi il presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del Creato, l’arcivescovo di Taranto monsignor Filippo Santoro che ha annunciato di votare sì (e cioè contro) alla proroga delle concessioni per le trivelle entro le 12 miglia. In una nota della diocesi, il presule scrive. «Le piattaforme petrolifere al largo delle coste dell’Adriatico e dello Ionio sono un’ulteriore aggressione a una realtà già fragile e vanno a intaccare la vocazione legata al mare, al turismo, alla pesca, all’agricoltura e all’artigianato di un territorio già ferito». Aggiungendo: «La tecnologia non può non tenere conto delle conseguenze di un suo abuso che non contempli le possibili ripercussioni». Secondo mons. Santoro, «gli equilibri dell’ecosistema dei mari, Ionio e Adriatico, sono estremamente fragili, e sono prospicienti territori che con fatica tentano di porre riparo ai danni che sono derivati da una discutibile e unilaterale gestione delle risorse». Fino all’annuncio: «Tutto questo offre all’arcivescovo di Taranto, che si esprime in termini personali, ragionevole fondamento al Sì al referendum del 17 Aprile. Le ferite della nostra terra sono già molte e non devono aumentare».

Sulla stessa posizione troviamo il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli che ai microfoni della Radio Vaticana ha dichiarato il suo appoggio ai no-Triv: «Il Sud non può diventare una pattumiera con tutti questi problemi. Non si può aggiungere problema a problema. Non si vede il motivo per cui con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare, tanto più che non ci sarà nessun guadagno dal punto di vista economico». «Pare sia acclarato – ha sottolineato – che da noi ci sia poco petrolio, oltretutto di scarso valore. Non si vede quindi il motivo di impegnare questo nostro territorio, che si fonda sul turismo e non si capisce perché si debba deturparlo senza poi avere dei vantaggi, perché non ce ne sarà nessuno di carattere economico. La scelta non sembra quindi razionale».

Scorrendo le pagine dell’agenzia Sir, mons. Angiulie e mons. Santoro non sono i soli a pensarla così. Dal titolare della diocesi di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone (che ha espresso «timori e ansie» che la costa «possa divenire un orizzonte di piattaforme»), all’arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, monsignor Giovan Battista Pichierri («Bisogna cercare altre fonti energetiche» ha detto spronando a «non avventurarsi in progetti dall’esito incerto al costo della rottura di labili equilibri dell’ecosistema»), i vescovi interpellati si sono espressi tutti contro le trivellazioni in mare. Tra essi anche il successore di mons. Galantino alla guida della diocesi di Cassano allo Jonio, monsignor Francesco Savino: «Speriamo che vengano bloccati i progetti di trivellazioni petrolifere sulle coste dello Jonio e dell’Adriatico», ha auspicato. A fargli ecco, l’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, che in una recente intervista a Radio In-Blu ha chiesto di «superare la logica della sola dipendenza dagli idrocarburi».




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