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Famiglie: 1 su 5 vive in povertà

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«La famiglia deve essere difesa a tutti i costi perché è la base della società civile»: è quanto dichiarato dal presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco, commentando la manovra finanziaria. «Per potenziare la famiglia innanzitutto ci vuole lavoro, perché senza di questo o con un lavoro molto incerto non c’è neppure la possibilità di formarsi una famiglia. Penso soprattutto ai giovani».

Un giudizio che arriva in contemporanea ai dati Istat 2010 sulla povertà in Italia. «Oltre tre milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta». Più in dettaglio, secondo l’Istituto nazionale di statistica, sono 1 milione e 156 mila in Italia le famiglie in condizioni di povertà assoluta (il 4,6% di quelle residenti), per un totale di 3 milioni e 129 mila persone (il 5,2% della popolazione residente). Secondo l’Istat sono assolutamente povere le famiglie che non riescono ad accedere ai beni e servizi essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. Si tratta, quindi, dice l’Istituto dei «più poveri tra i poveri».
Oltre ai tre milioni di poveri assoluti, ci sono Italia nel 2010 anche 8 milioni 272 mila poveri, il 13,8% dell’intera popolazione. Le famiglie colpite da questo tipo di povertà, chiamata in termini tecnici «relativa», sono 2 milioni e 734 mila (l’11% di quelle residenti). L’Istituto spiega che si tratta delle famiglie che non riescono a spendere più di 992,46 euro al mese ogni due componenti.

Una terza categoria, poi, sono i «quasi poveri», ovvero quelli che possono arrivare a spendere, in due, fino al 20% in più dei poveri, cioè tra 992,46 e 1190,95 euro. Sommandoli ai poveri, costituiscono una famiglia su cinque: il 18,6% dei nuclei (l’11% sono quelli poveri, il 7,6% quelli quasi poveri).

La povertà risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2009, sia quella relativa che assoluta, ma per alcune fasce della popolazione le condizioni sono peggiorate. Secondo l’Istat la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati, ad esempio quelle dove c’è un anziano che vive con la famiglia del figlio (dal 18,2% al 23%), e di monogenitori (dall’11,8% al 14,1%). E la condizione delle famiglie con membri aggregati peggiora anche rispetto alla povertà assoluta (dal 6,6% al 10,4%).

In particolare, fa notare l’Istituto, nel Mezzogiorno l’incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori. Quindi, quasi la metà di questi nuclei vive in povertà relativa. In generale, comunque, la povertà colpisce più il sud. La Lombardia e l’Emilia Romagna sono le regioni con i valori più bassi. Segue il gruppo di Umbria, Piemonte, Veneto, Toscana, Friuli Venezia Giulia e provincia di Trento. Ad eccezione di Abruzzo e Molise, dove il valore dell’incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi, in Calabria, Sicilia e Basilicata.




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