Per la crisi economica serve uno slancio globale di umanizzazione

Dietro le statistiche e le indagini di mercato, le analisi sulla produttività e sul PIL, la mancata crescita della produzione e la invocata ripresa dei consumi stanno in primis le persone e le famiglie con i loro bisogni, le loro esigenze, le loro speranze e le loro paure. Sempre più in economia i processi fanno leva sui soggetti i quali, comunque, nella migliore delle ipotesi restano adombrati se i progetti stessi sono privi di etica. Ecco l’amara constatazione cui si perviene analizzando in controluce quella che è stata definita una crisi economica senza precedenti ed i cui reali riflessi devono ancora pienamente manifestarsi. Questi i principali spunti di riflessione suscitati dai relatori, Prof. Rocco D’Ambrosio e Dott. Luigi Palombella, durante il Convegno cittadino dell’Azione Cattolica Italiana tenutosi a Molfetta lo scorso lunedì 9 marzo presso la Sala “B. Finocchiaro-Fabbrica San Domenico” dal titolo “Per il Bene comune: un’etica economica o un’economia dell’etica?”.

Il miraggio della ricchezza, del lucro e del profitto a tutti i costi quale ricetta per il benessere, il mito del liberismo hanno presentato il conto (per la verità molto salato), generando un’implosione dell’economia tale da compromettere seriamente la già precaria vita quotidiana delle persone. La crisi attuale è frutto della discutibile ideologia dell’homo oecomonicus, il fallimento amaro del teorema che l’economia di mercato produce sempre e comunque un bene comune di cui tutti possono trarre vantaggio, un ottimo di vita sociale in tutte le persone, dimenticando (speriamo che tale dimenticanza sia avvenuta in buona fede) che prima di quello che si ha e di quello che si fa occorre partire da quello che si è. Pertanto, occorre ripartire dal più genuino concetto di Bene Comune quale dimensione primariamente umana. Il Bene Comune è «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente» (Gaudium et Spes, 26; cfr. anche Dignitatis Humanae, 6). Pertanto, il nocciolo duro della questione non è soltanto quello di garantire la libertà di movimento e di circolazione alle persone, alle merci ed ai capitali, contro le indebite limitazioni esterne del sistema quanto soprattutto quello di regolamentare i rapporti tra gli uomini e i gruppi sociali al fine di assicurare effettivamente la crescita e la realizzazione di tutti i soggetti interagenti. Sullo sfondo un’immagine molto precisa e complessa della persona umana: una visione integrale nella quale le molteplici dimensioni della ferialità si intersecano per dare vita a quel miracolo che è ogni singola persona. Il Bene Comune diventa così concretamente la proclamazione dei diritti e dei doveri delle persone per cui cercare il Bene Comune equivale a rendere accessibili agli uomini tutti quei beni quali la vita e la salute, la casa e il cibo, l’istruzione e il lavoro, la cultura e l’ambiente sano perché senza di essi l’esistenza non sarebbe vivibile o ne risulterebbe pienamente penalizzata. È chiaro l’influsso personalistico del vero Bene Comune. In realtà, il Bene Comune non è solo un concetto è anche un agire – positivo e attivo – che coinvolge la responsabilità di tutti e di ciascuno, da cui nessuno si può sentire escluso o chiamato fuori. Il Bene Comune coinvolge l’intera vita qualitativa e quantitativa delle persone e, quindi, anche tutte le dimensioni della comunità politica la quale esiste proprio in funzione di quel Bene Comune nel quale essa trova piena giustificazione e significato. Occorre, dunque, che la politica (nel senso più originario del termine) faccia un passo in avanti e che l’economia ne faccia uno indietro avendo sempre di vista che l’ordine sociale e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone e che l’ordine delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone e non l’inverso (cfr. GS, 26 cit.). E allora, che fare? Non servono strategie politiche sul breve periodo centrate su poche variabili aggregate bensì è necessario investire sulle coscienze, sulla dimensione educativa, formativa e culturale delle persone. Questi i reali giacimenti dai quali attingere per alimentare una qualsivoglia ripresa, che non è solo economica, e da tale assunto dovrebbe ripartire la politica accordandosi anzitutto su ciò che ha provocato il male. In realtà si tratta di ripercorrere la strada proposta dal decalogo che ha indicato (fra l’altro) nelle relazioni umane talune forme di male da combattere quale il furto, la menzogna, l’omicidio (non solo quello fisico). Non vogliamo fornire una prospettiva futura sganciata dalla realtà possibile perché, in fondo, il mercato è un indubbio strumento di libertà ma solo nella misura in cui – adeguatamente regolamentato – non conduca taluni uomini a schiavizzare altri uomini. Dunque, il compito – a partire da ciascuno – è quello di contaminare ogni anfratto della società di quella sincera ed indubbia speranza nell’uomo e nel futuro stimolando un effettivo recupero e reinserimento della dimensione etica nella concrete scelte quotidiane (non solo economiche) delle persone.

Questa la grande sfida per uscire dalla crisi: uno slancio globale di umanizzazione capace di far coesistere il Bene Comune con una società (ed una economia) più giusta e solidale.

Mimmo Facchini




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