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Giovedì 25 aprile, ore 2024
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Massimo Cervone (1976-2003)

a cura di Isabella Milillo Cervone

«Il Signore chiama ognuno di noi ad una missione, difficile, temibile, sicuramente controcorrente e quindi non per tutti; a me il Signore ha chiesto la sofferenza, (…) e credo che questo è sicuramente il modo migliore che io ho per lodarlo. (…). Anch’io sto dedicando la mia sofferenza al Signore (…) ed anch’io sto chiedendo delle grazie affinché ci siano delle conversioni, ma soprattutto prego per i miei ragazzi, affinché regni tra loro sempre l’armonia e la solidarietà, ma che soprattutto non manchi mai loro la fede»

Massimo, nasce a Bari il 12 febbraio 1976, secondogenito di due fratelli; sin dai primi anni di vita emerge la sua indole curiosa e socievole, la sua vivacità motoria, intellettiva, espressiva e mimica che la famiglia cerca di convogliare nello sport, la sua più grande passione.   Riceve la cresima nella parrocchia S. Domenico, in Giovinazzo, dal vescovo don Tonino Bello, che lo affascina con la sua parola, e comincia a frequentare con più assiduità, interesse e impegno l’Azione Cattolica, come animatore e catechista; partecipa a campi scuola, a ritiri e incontri vari. Nel 1994 Massimo vive l’esperienza di Taizè, in Francia, e ne torna entusiasta, ma anche un po’ cambiato. In parrocchia conosce e si appassiona all’esperienza del Rinnovamento nello Spirito; terminati gli studi superiori, Massimo vuole lavorare e si affianca al padre.

Nell’autunno del 1996 i primi segnali di un tumore maligno; viene subito operato a Milano, assistito dalla madre. Nelle lunghe ore in ospedale Massimo prega e legge molto (soprattutto gli scritti di don Tonino); quando le condizioni glielo permettono va a messa o riceve la comunione in camera. Comincia a raccontare a sua madre dell’esperienza a Taizè, dove, in un momento di ricerca interiore, aveva incontrato spiritualmente Gesù che gli aveva chiesto di soffrire per Lui, e lui ha acconsentito a questo, proprio pochi mesi prima che cominciasse il suo calvario. Massimo pian piano riprende le forze, riprende a lavorare e ad impegnarsi in parrocchia, ma dopo due anni, nel 1999, ricominciano i problemi che, nonostante le cure innovative, ma ugualmente devastanti, e i viaggi della speranza da Milano, a Bologna, a New York, passando per Medjugorie, vanno sempre più complicandosi. Alla Rizzoli di Bologna, dove rimane per due anni, Massimo si muove in carrozzina e si fa benvolere da tutti; svolge una grande opera di sostegno morale e di evangelizzazione presso gli ammalati. È riuscito a portare un po’ di gioia, qualche sorriso in quel luogo dove il dolore e la sofferenza è così grande, quasi palpabile. Lui soffriva così tanto di suo: come faceva a portare un po’ di gioia, un sorriso, a testimoniare Cristo a quella gente dai volti dilaniati dal dolore fisico e morale.

Tornato a casa, è la parrocchia che va da lui, con lunghe e frequenti visite. Massimo capisce che non ce l’avrebbe più fatta, vuole prepararsi a quel momento in cui sarebbe iniziata la sua vera vita, provvedendo personalmente a chiedere l’unzione degli infermi e chiedendo aiuto al diacono che, puntualmente e costantemente, ogni sera gli dedica del tempo con preghiere, letture, meditazioni e conversazioni. Massimo inizia a vivere il 1 maggio del 2003 alle ore 16, recitando il rosario della misericordia fino agli ultimi momenti di vita.





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