L’ora della solidarietà. Nel nome di Sandro Usai

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Ieri è stata ritrovata la decima vittima dell’alluvione che ha distrutto lo spezzino e la Lunigiana. Un invito alla solidarietà tramite Caritas italiana e la testimonianza – concessa da Avvenire – di Luca Sardella, seminarista che ha partecipato ai soccorsi.
A cura della redazione

Il dovere di capire e aiutare. L’omaggio migliore alla memoria del volontario Sandro Usai



È passata poco più di una settimana dall’alluvione che ha colpito lo Spezzino in Liguria e la Lunigiana in Toscana. Trascinando a mare troppe vite umane e una delle perle paesaggistiche della nostra Italia, il comprensorio delle “Cinque terre”.

Ancora oggi è una lotta contro il tempo quella che si combatte, alla ricerca degli ultimi tre dispersi di Vernazza, per liberare i canali e i torrenti dal fango che scendendo dalle colline ha travolto case, automobili e infrastrutture, lasciando senza un tetto, o senza i servizi essenziali, più di 2000 persone, e con la paura di una nuova perturbazione che potrebbe essere nuovamente intensa già da venerdì; anche se il prefetto de La Spezia, Giuseppe Forlani, sottolinea che «la situazione è sotto controllo».

Il governo italiano ha stanziato i primi 65 milioni di euro di aiuti, ma è chiaro che è solo l’inizio di un percorso di ricostruzione che si prevede lungo e costoso. Ed è altrettanto chiaro che anche noi possiamo fare qualcosa di concreto; magari raccogliendo l’invito della Caritas Italiana a donare quello che possiamo, utilizzando i riferimenti postali o bancari che trovate in basso.

Un atto di generosità nel nome di Sandro Usai, 40 anni, volontario della protezione civile travolto dai detriti mentre cercava di salvare la vita ai suoi concittadini di Monterosso. Le persone più semplici a volte compiono i gesti più importanti. Sandro Usai è una di queste persone.

A Sandro, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deciso di conferire la medaglia d’oro al valore civile. «Nella dolorosa circostanza del recupero delle tante vittime degli eventi alluvionali che così duramente hanno colpito le province di La Spezia e di Massa Carrara – ha scritto Napolitano -, sono rimasto profondamente colpito dalla tragica vicenda di Sandro Usai, che con generoso slancio volontaristico ed esemplare altruismo, ha sacrificato la vita mentre si prodigava in interventi di protezione civile».

Sandro Usai «ha scritto una delle più belle pagine del Vangelo: avevo fame e mi hai dato da mangiare». Lo ha detto il vescovo de La Spezia, monsignor Francesco Moraglia, nell’omelia del rito funebre. «La morte – ha detto il vescovo – ha coinciso col momento in cui stavi aiutando il tuo prossimo. Un gesto, il tuo, che rimarrà in noi, e che ti prometto non sarà dimenticato. Spero che la comunità sappia valorizzarlo nel modo dovuto».

Capire è dunque il nostro primo dovere. Capire per non dimenticare. È indubbia l’eccezionalità delle precipitazioni che hanno scatenato la tragedia. Ciò non deve però esimerci dal sottolineare ciò che ne ha ampliato gli effetti. In particolare: la ormai costante riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato agli Enti locali per la tutela del territorio, abbandonando in particolare le popolazioni montane a se stesse e ignorando irresponsabilmente la precarietà del tessuto idrogeologico della nostra Italia. E ancora: l’invasività edificatoria nelle fasce collinari con conseguente cementificazione del territorio più a rischio e la realizzazione di percorsi asfaltati destinati a diventare “autostrade” per piogge eccezionali; la mancata regolamentazione e gestione dei bacini idrici e l’assenza degli interventi idraulici atti a limitare i danni.

Sarno non ha purtroppo insegnato niente. Infine: l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione sulle costruzioni per scopi impropri non consoni alla tutela del territorio; le concessioni edilizie in prossimità di corsi fluviali (con una legge disastrosa che riduce la distanza da dieci a tre metri).In memoria di Sandro è tempo di una necessaria quanto radicale inversione di tendenza nelle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, degli strumenti di monitoraggio e di intervento dello Stato sulla salute del territorio. Perché non ci sia più bisogno di eroi.

La testimonianza di Luca Sardella, già delegato regionale dei giovani dell’Ac ligure, a nome dei seminaristi della diocesi di Chiavari. Per gentile concessione di Avvenire

Fa freddo, a Borghetto Vara, alle prime luci dell’alba. Un vasto manto di nebbia avvolge la strada e tutt’intorno e procedendo col pulmino non si riesce a scorgere nulla della distruzione di martedì scorso.

Il viaggio dal seminario di Chiavari, da cui siamo partiti, è breve: venticinque minuti di autostrada sino a Brugnato e poi qualche chilometro ancora, verso l’interno. Entriamo in punta di piedi in una terra lacerata dal dolore e dalla disperazione, avvicinandoci con delicatezza alle ferite evidenti che segnano il cuore della popolazione e dell’intero territorio. Arriviamo in parrocchia: ci accoglie don Tommaso e dal pulmino iniziamo a scaricare stivali, guanti e pale. Sono le 7.30 e coordinati dai responsabili della Protezione civile ci mettiamo a disposizione per quello che serve. La nebbia inizia a diradarsi e la vista dell’insieme è un tuffo al cuore. Alberi spezzati e macchine e pezzi di case, mescolati in modo scomposto, invadono le strade. All’esterno delle abitazioni sono stati accatastati mobili e arredi ormai inservibili e destinati alla discarica.
È un disastro.

Giuseppe ha settantacinque anni: è lui la prima persona che incontro nel centro di Borghetto. La sua cantina è stata completamente invasa da un’ondata d’acqua che ha raggiunto anche il primo piano. Chiedo permesso ugualmente, inizio ad aiutarlo a trasportare fuori il fango con la carriola. Nei locali adiacenti, i miei confratelli fanno altrettanto. L’odore del vino è intenso, diverse damigiane sono andate distrutte e il frutto del lavoro di mesi è andato perduto. Il fango lo depositiamo nel centro della strada, davanti al campanile vecchio di Borghetto a pochi passi dal palazzo comunale. È trascorsa una settimana dall’alluvione, ma
la fanghiglia è ancora liquida e abbondante e difficilmente si riesce ad arginare. Le ruspe della Protezione civile nel frattempo provano ad accatastare tronchi e macerie in un unico luogo, mentre c’è un via vai di altri mezzi che raccolgono le auto distrutte e le portano in un’altra area.

Scende dal piano superiore una giovane donna insieme al marito. La sua casa fortunatamente non ha subito molti danni, ma la paura di martedì scorso è ancora percepibile nel racconto che mi offre: «Il fiume di fango era violentissimo, le auto e i tronchi di legno vi galleggiavano sopra. Ho avuto molta paura, mi chiedevo se la mia stessa abitazione avrebbe retto ancora a lungo».

È metà mattina: insieme a due confratelli ci spostiamo in un alloggio vicino, dove al primo piano ci chiedono aiuto. Le pareti di casa diventano testimonianza della
furia dell’alluvione: mi avvicino e il segno mi arriva al bacino. Il fango è ovunque: non ha risparmiato arredi, libri e oggetti cari che ciascuno custodisce più di altri come patrimonio della propria storia di vita e dei propri affetti. Facciamo una pausa verso le tredici, mettendoci in fila per il pasto che ci viene offerto in un salone dall’Associazione Nazionale Alpini. Mi guardo intorno e riconosco gli anelli di una catena di amicizia che sorprende: tanta gente ha scelto di offrire del tempo con gratuità.

Tra loro anche molti studenti che hanno trascorso qui il “ponte” scolastico.
Il lavoro continua sino alle 17, quando ci ritroviamo nella parrocchia di Borghetto per la celebrazione della Messa. Ritornano nel cuore le parole di don Lorenzo Milani: «Finché c’è fatica, c’è speranza». Forse, oltre al fango, abbiamo spalato anche un po’ di dolore perché la speranza possa rinascere presto.

Quanti intendono sostenere gli interventi in corso tramite Caritas Italiana possono inviare offerte su:
C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: “Emergenza Liguria/Toscana 2011”.
Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:
UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119
Banca Prossima, via Aurelia 796, Roma – Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474
Intesa Sanpaolo, via Aurelia 396/A, Roma – Iban: IT 95 M 03069 05098 100000005384
Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113
CartaSi (VISA e MasterCard) telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001 (orario d’ufficio)




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